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lunedì 30 aprile 2018

Peer to Peer

Non solo banche! I colossi della Fintech stanno arrivando e pochi si preoccupano. Crediti in sofferenza, eccesso di personale, scarsa patrimonializzazione, riduzione del numero delle filiali, etica negli affari: sembrano solo questi i problemi che il sistema bancario deve risolvere per poter rimanere a galla.
Ma ci si dimentica spesso della principale preoccupazione che il mondo della finanza “classica” dovrebbe avere e che potrebbe in pochi anni stravolgerlo completamente, introducendo sul mercato nuovi player che le nostre attuali banche, e men che meno gli analisti, al momento non riescono neppure a vedere.

Nel frattempo si stanno sviluppando nuove forme di strumenti di finanza alternativa che si basano proprio sull’utilizzo della tecnologia. Questa settimana parliamo del “peer to peer”.
Un ulteriore metodo di microcredito, più diretto al singolo che all’impresa, per raccogliere finanziamenti «da pari a pari», che in questo caso significa da privato a privato.
Il prestito tra privati rappresenta un’evoluzione del mercato creditizio, sempre più attento alle esigenze degli utenti di internet, e ha la caratteristica di permettere a chiunque, in maniera trasparente e saltando gli intermediari bancari, di risparmiare (a chi richiede soldi) e di guadagnare (a chi li presta).
Si parla anche di «prestito sociale», perché finanziatori e richiedenti hanno la possibilità di conoscersi, di entrare in una community e decidere in maniera libera a chi prestare denaro e per quale fine o a quale tasso.
Ma il termine «social» potrebbe essere anche fuorviante: meglio chiamarli nuovi prestiti, erogati da piattaforme che non c’entrano nulla con gli istituti di credito, che hanno costi di personale estremamente bassi, che raccolgono capitale da privati direttamente sui loro siti e valutano la gran parte delle richieste tramite un algoritmo.
Il sistema dei prestiti peer to peer è diffuso in tutto il mondo, ma a essere sempre più avanti degli altri sono gli Stati Uniti, dove ci sono due siti che spopolano e che fungono da faro per il resto del mondo: Lending Club e Prosper.
In Italia le community del credito al consumo sono un fenomeno recente e ormai conosciuto grazie a Zopa (Zone of Possible Agreement, ossia Zona di possibile accordo)Boober.
In Zopa – la piattaforma più vicina alle esigenze descritte finora – chi decide di stare dalla parte dei finanziatori, pagando una commissione annuale dell’1% sulla somma prestata ai richiedenti, è mosso da un duplice fine: investire il denaro per una giusta causa, in modo trasparente, e ottenere un rendimento a fronte di un rischio più basso (il cliente viene selezionato) della media e frazionato tra almeno 50 richiedenti.
Anche chi richiede un prestito è mosso da un duplice fine: non favorire gli interessi di banche e finanziarie, ma quelli di altre persone e ottenere tassi più bassi della media, quindi risparmiare.
Perché se ne parla sempre poco? Perché i media asserviti alla lobby bancaria sanno perfettamente che nel peer to peer sta per abbattersi lo tsunami dalle sembianze dei grandi colossi come Apple, Facebook, Google, Amazon, Yahoo! che si apprestano a entrare nel mondo finanziario per stravolgerlo.
Conservate questo articolo, ne riparliamo tra qualche anno…

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